
Trovandomi a Roma in questi giorni ero rimasta d’accordo con un ristoratore che lo avrei chiamato per conoscerci di persona dopo qualche contatto telefonico. Così ieri lo chiamo al cellulare, gli dico che sarei passata a mangiare nel suo ristorante e rimaniamo che ci saremmo incontrati lì. Intanto passeggiamo per le strade del centro di Roma, guardo i turisti che si affollano nella via del Corso che quest’anno è illuminata da un lunghissimo tricolore e penso a quanto l’Italia possa offrire in termini di arte, cultura, paesaggi, cibo, ospitalità, accoglienza….anche in queste festività segnate da incertezza e instabilità finanziaria.
Chiacchierando arriviamo al locale, molto carino dal design e la filosofia accattivante. Dico alla cameriera che sono arrivata e lei mi dice che il proprietario è molto impegnato
. No problem, intanto mangiamo. Poi prima di ordinare il caffè chiedo se il
sig. X è ancora lì e lei mi dice che è dovuto andare all’ altro ristorante. Accipicchia nemmeno una stretta di mano…nemmeno un saluto (se non altro come ospiti paganti del ristorante)!
Ma come si possono, aprire/gestire ristoranti, insegnare la ristorazione se non si rispettano le minime regole di buona educazione?
Ci riempiamo la bocca di “parole gourmet”, inchinandoci ai maestri della ristorazione, e poi?
La ristorazione è sinonimo di ospitalità. Non è autoreferenzialità. La ristorazione è accoglienza , rispetto dell’ospite, convivialità e io aggiungo anche partecipazione, attraverso la conoscenza di ciò che si mangia, quindi la provenienza e il metodo di produzione degli ingredienti.